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Dal "Corriere della Sera" del 9 gennaio 2012

 

“Mediazione – Gli avvocati non vogliono conciliare: è il titolo dell'articolo (vedi link sotto), apparso nella sezione "Mercati & Professioni" del Corriere della Sera di lunedì 9 gennaio e i cui contenuti mi paiono alquanto azzardati.

Nella veste di giornalista e di mediatrice, l'impressione che ne ho tratto è stata quella di un discorso legato a chi - mi sia concesso l'eufemismo - nel timore di cadere, preferisce mettere le mani avanti.

Di fronte al nuovo e al cambiamento, penso sia fondamentale mostrare un atteggiamento di fiducia e insieme di coraggio nell'accettare le sfide, anche quelle scomode o, a primo impatto, destabilizzanti.

Otto mesi, per “bollare” la conciliazione obbligatoria come fallita, credo siano insufficienti, se si pensa che un normale commerciante attende almeno due anni per esprimersi in merito alla validità della sua attività.

I cambiamenti, è risaputo, tendono spesso a suscitare perplessità e paure, che non si superano rifiutando i cambiamenti stessi, bensì affrontandoli in modo sereno e concedendo all'innovazione quel periodo necessario per inserirsi in un apparato, consolidato dal tempo e dalla consuetudine, ma non per questo così soddisfacente da non richiedere aggiustamenti o integrazioni.

Trovo inoltre allarmistico giustificare il fatto che “le componenti dell'avvocatura abbiano presentato urgente istanza per essere sentite e per poter esporre all'esecutivo i pericoli gravi a cui sono esposti i diritti dei cittadini con riforme che limitano la loro difesa” e per aver  “modo di rappresentare le loro proposte”.

Dal canto mio e in tutta semplicità, non considero un enorme "pericolo" se le controversie, prima di giungere in tribunale, vengano considerate da persone qualificate che, oltre all'esperienza e alla professionalità del loro mestiere, scelgono la strada della mediazione per seguire una loro indole e vocazione personale, guidati da esperti e intraprendendo un percorso formativo mirato, seguito da tirocini sul campo e ore di aggiornamento.

Concludo, sostenendo che sarebbe meglio e più opportuno considerare la mediazione secondo l'idea ministeriale per cui è nata e cresciuta: non come una minaccia quindi, ma come un'opportunità, sia per la Giustizia (con la “G” maiuscola), che per i cittadini.

 

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